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AVVOCATO 

Daniela Messina


 

 

Autismo
conflitti e intervento del giudice

 

Notiziario

Autismo e problemi giudiziari. Il ruolo dei Servizi Sociali

La rivoluzione copernicana, che in campo scientifico ha portato al riconoscimento della organicità dell’autismo e all’abbandono delle teorie degli psicodinamici, deve trovare ora la sua concreta applicazione nei singoli casi di autismo

Vale a dire che è necessario promuovere il superamento della vecchia mentalità dominante sulle presunte cause dell’autismo, ascrivibili all’inadeguatezza della madre, affinché le nuove acquisizioni scientifiche, riconosciute a livello internazionale, non rimangano solo letteratura medica, bensì trovino accoglimento ed attuazione avendo riguardo a tutti i soggetti direttamente interessati e coinvolti dal disturbo autistico, quali la famiglia e le Istituzioni (i Servizi Sociali Territoriali competenti, la Scuola ed anche la Magistratura).

Soccorrono, in parte, a tal fine, le Linee Guida per l’autismo curate dalla Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza nelle quali si prende atto della svolta radicale raggiunta, si contrasta la vecchia individuazione della causa dell’autismo nella anaffettività della madre e si riconosce la necessità di promuove un coordinamento tra genitori ed operatori di vario livello (medici di famiglia, pediatri, neuropsichiatri infantili, psicologi, terapisti, educatori, ecc.) affinché si stabilisca una alleanza terapeutica tra specialisti e familiari diretta a concertare e coerentemente attivare percorsi educativi vincenti a vantaggio del soggetto affetto dal disturbo autistico.

Limitando il nostro campo di indagine al ruolo dei Servizi Sociali, si può onestamente constatare che, in realtà, l’auspicata collaborazione o concertazione che dovrebbe contraddistinguere il rapporto tra questi e la famiglia spesso lasci il posto a divergenze, a contrasti e, nei casi più gravi, ad autentici conflitti.

Di fatto, accade di frequente che la formazione dei Servizi Sociali competenti sia carente, o semplicemente l’orientamento invalso al loro interno sia ancorato alle vecchie interpretazioni, o, ancora, che i Servizi Pubblici non siano in grado di fornire interventi che rientrano fra quelli proposti dalle buone prassi internazionali e dalle linee Guida della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA).

Si ha, pertanto, una applicazione del neo-comportamentismo a macchia di leopardo, con conseguenti disparità di trattamento dipendenti dalla sola collocazione territoriale del soggetto autistico.

Cosicché, mentre molti Servizi Sociali Territoriali, diciamo più aggiornati, si sono attivati per garantire ed applicare il nuovo metodo di cura Lovaas, altri, al contrario, ancorati alle teorie degli psicodinamici, perseverano nell’antico pregiudizio di colpevolizzare la madre e propongono terapie ed interventi individuali a carico della madre isolando questa dal contesto di vita del bambino.

Certo, non si può colpevolizzare il Servizio Sociale che, per difetti strutturali o di risorse economiche, si può trovare nell’impossibilità di beneficiare di adeguata formazione, risultando, pertanto, carente di adeguata preparazione professionale.

Tuttavia, non si può non trascurare che, a volte, il deficitario aggiornamento professionale, il pregiudizio e l’ancoraggio a vecchie teorie possano portare a risultati fuorvianti ed aberranti, come è accaduto in una serie di fattispecie concrete di cui l’Associazione Angsa è venuta a conoscenza.

Il contrasto di opinioni tra le famiglie ed i Servizi Sociali competenti in ordine alle strategie educative da adottarsi per il soggetto autistico non si risolvono nel solo ambito metodico ed operativo, circostanza che già di per sé può procurare, come affermano gli esperti, pregiudizi irreversibili alla salute del bambino autistico, bensì ulteriori effetti patologici anche di più largo respiro laddove i Servizi Sociali siano chiamati dalla magistratura a relazionare ed a fornire informazioni utili all’organo giudicante all’interno dei procedimenti di separazione o divorzio tra i coniugi o nei procedimenti modificativi, ablativi della potestà genitoriale.

È fatto ben noto che le Relazioni dei Servizi Sociali possano influenzare in maniera determinante le decisioni degli organi giurisdizionali chiamati a risolvere i conflitti tra genitori all’interno di giudizi di separazione o divorzio nonché nei giudizi aventi ad oggetto la potestà genitoriale.

A volte, accade che le relazioni dei Servizi Sociali conducano a decisioni del Giudice di fatto inappropriate e persino contrarie all’interesse del minore, ovvero all’interesse che si intenderebbe salvaguardare.

È pur vero che l’indagine cui sono chiamati a svolgere i Servizi Sociali dovrebbe essere congiuntamente portata a compimento da una serie di soggetti ed operatori (assistente sociale, psicologo e neuropsichiatra infantile), ma ciò non è sempre espressione o sintomo di garanzia per il minore e per la sua famiglia.

Il contrasto tra la famiglia ed i Servizi Sociali, generato dal difetto di aggiornamento del servizio sociale o dalla profonda diversità di orientamenti in ordine ai trattamenti da eseguirsi nel campo dei disturbi autistici, finisce per trovare spazio nella Relazione che l’ente è chiamato a redigere ed a consegnare al magistrato.

Cosicché la figura genitoriale, di regola la madre, la quale è di norma il soggetto maggiormente investito del compito assistenziale e di cura del figlio, viene descritta in maniera discutibile in una curiosa logica accusatoria con evidenti ripercussioni sul procedimento giudiziario in corso.

In verità è frequente che i rapporti tra il genitore e gli operatori del settore si allentino, ma la ragione di ciò risiede sempre nel profondo disaccordo in relazione ai progetti educativi da attuarsi per il minore.

Ed ancora, accade, sovente, che i Servizi Sociali denuncino la condotta della madre, colpevole di rapporti di cura o accadimenti simbiotici con il figlio disabile. Paradossalmente, risulta, poi, che all’affidamento materno preferiscano e suggeriscano quale alternativa il ricovero in centri diurni o strutture residenziali, il più delle volte non specializzate, con evidente compromissione della salute e del benessere del soggetto autistico.

A volte il contrasto tra la famiglia ed il Servizio Sociale può generarsi semplicemente in ragione del fatto che la famiglia si rivolge altrove e quindi il Servizio non ha percezione o conoscenza diretta del soggetto austistico e del suo contesto familiare.

Nel caso in cui il bambino usufruisca di servizi convenzionati (avvalendosi di specialisti esterni) - in quanto il servizio pubblico non dà risposte adeguate - l’operatore del servizio pubblico, chiamato ad esprimere un parere o una valutazione sul minore ai fini della relazione da consegnare al magistrato, non ha concretamente in cura il soggetto in questione e non stabilisce contatti diretti con lo stesso se non a carattere sporadico.

Quindi, l’indagine, se pur condotta da varie figure investite del ruolo istituzionale suddetto, risulta non veritiera o quantomeno incompleta.

La situazione si configura ancora più problematica laddove esista un aspro conflitto tra i genitori in ordine all’affidamento del figlio.

Ed infatti, in questi casi, il contrasto tra i genitori in ordine alle scelte terapeutiche o semplicemente educative da attuarsi nell’interesse del figlio, da cui scaturisce l’interessamento o la sollecitazione dei Servizi Sociali, il più delle volte, trae origine o viene aggravato dal mancato superamento della crisi di coppia e dall’incapacità di gestire il ruolo genitoriale nel nuovo assetto familiare successivo alla intervenuta separazione o divorzio.

Le esperienze che hanno dato luogo alle considerazioni appena svolte ed altre fattispecie similari ugualmente note all’Associazione Angsa non costituiscono solo casi giudiziari, ma sono casi innanzitutto umani, i quali debbono condurre ad affrontare serie riflessioni sul ruolo dei Servizi Sociali all’interno dei procedimenti giudiziari.

Da un lato sarebbe auspicabile raggiungere una adeguata preparazione e formazione professionale degli operatori del Settore, dall’altro, in campo giuridico, sarebbe auspicabile che il ruolo dei Servizi Sociali fosse ben delineato a livello normativo e fosse peraltro rafforzato il diritto al contraddittorio, al fine di evitare che il genitore o i genitori, diretti interessati e destinatari dei provvedimenti riguardanti i minori, siano relegati a semplici spettatori o vittime dei procedimenti che li riguardano.

In considerazione del notevole peso psicologico nonché economico derivante da inappropriate pronunce riguardanti il minore e la sua famiglia, sarebbe infatti preferibile consentire un attivo coinvolgimento ed una effettiva partecipazione dei genitori già in sede di redazione e stesura delle Relazioni dei Servizi Sociali, superando il contraddittorio “differito” concesso ai genitori all’interno della sola eventuale successiva fase di opposizione o di istanza di modifica dei provvedimenti resi dall’Organo Giudicante

 


  
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